POMIGLIANO D’ARCO – Quattro minorenni sono stati arrestati e trasferiti in istituto penale per minorenni (IPM) nell’ambito dell’inchiesta sul clan Cipolletta, organizzazione di stampo camorristico operante a Pomigliano d’Arco e nei territori limitrofi. Il provvedimento è stato emesso dal GIP del Tribunale per i Minorenni di Napoli, accogliendo la richiesta della Procura minorile, sulla base delle indagini svolte dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Castello di Cisterna, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) della Procura di Napoli.
Le complesse indagini hanno evidenziato il coinvolgimento diretto di uno dei minori come affiliato al clan, mentre gli altri tre sarebbero stati impiegati per agevolarne le attività criminali. Nonostante la presunzione di innocenza fino a condanna definitiva, i gravi indizi raccolti hanno portato all’emissione delle misure cautelari.
Minori come manovalanza criminale
L’organizzazione avrebbe cooptato i giovani per azioni criminali specifiche, utilizzandoli come manovalanza a basso costo. Dalle indagini emerge che i minori percepivano compensi inferiori rispetto ai membri maggiorenni del clan, ricevendo pagamenti “a cottimo” per ogni azione criminosa compiuta.
Malgrado la scarsa remunerazione, la Procura evidenzia come i giovanissimi dimostrassero una particolare efferatezza nelle loro azioni, spesso eccedendo la violenza necessaria allo scopo, atteggiamento che sarebbe servito ad accreditarsi agli occhi del capo.
Uno di loro, forte della protezione del clan e della sua disponibilità di armi, avrebbe utilizzato la violenza anche per fini personali, non direttamente legati alle attività del sodalizio criminale. Un altro, invece, sarebbe riuscito a guadagnarsi la fiducia del vertice dell’organizzazione, assumendo compiti delicati come il trasporto di armi. A suggello della sua affiliazione, si sarebbe tatuato sul polso il nome “Cipolletta”, a dimostrazione della sua fedeltà al clan.
“Papà, dove vai con la pistola?”: è stata intercettata anche una conversazione di questo tenore durante le indagini dei carabinieri coordinate dalla Dda e dalla Procura di Minorenni. Spiegando quante armi i due clan avessero a disposizione, il maggiore Andrea Coratza, comandante del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna, ha fatto riferimento proprio alla disinvoltura con la quale gli affiliati maneggiavano le armi, addirittura uno di loro “scarrellando” una pistola in casa davanti al figlio di 6 anni che incuriosito gli ha chiesto dove stesse andando con quell’arma. Le indagini sono iniziate alla fine del 2023 quando, a Pomigliano, si erano registrati atti violenti con armi da fuoco. “In quel periodo ci sono state 11-12 stese – ha detto Coratza – in strada o contro le abitazioni dei rivali, oltre ad attentati dinamitardi e incendi. Tutte le azioni violente sono avvenute in orario in cui la città di Pomigliano, piena di esercizi commerciali, era piena di gente”. Questi episodi hanno evidenziato la presenza di due clan che si stavano facendo guerra per l’egemonia negli affari criminali: “Abbiamo documentato 14 estorsioni – ha detto ancora il maggiore Coratza – ai danni di imprenditori, commercianti e 11 rapine quasi tutte dai compiute da minori con modalità particolarmente violente. Malmenavano le vittime e sparavano. Si tratta di gruppi criminali pericolosi e sfrontati con una grande disponibilità di armi”. Durante le attività investigative sequestrate circa una trentina di armi, tra fucili e pistole.