NAPOLI – C’è un mare che ha generato i miti, forgiato civiltà, tessuto trame di saperi e di sangue. È il Mediterraneo, cuore inquieto dell’Occidente, al quale l’artista Bartolomeo Cristiano dedica la sua nuova, intensa mostra personale intitolata “Mediterraneo – Un mare d’oro. Alba e tramonto dell’Occidente”, in programma dal 30 maggio alle ore 18.00, nella suggestiva cornice della Chiesa di Sant’Angelo a Segno, in via dei Tribunali a Napoli. Le opere resteranno in esposizione fino al 22 giugno 2025. Quello che Cristiano ci offre non è un semplice itinerario pittorico, ma un’evocazione struggente e possente. Le sue grandi tele, capaci di fondere materia e pensiero, tracciano una linea di fuoco che attraversa secoli, civiltà e catastrofi, dal fulgore ellenico al declino odierno. Al centro, il Mare Nostrum come metafora del tempo umano: specchio d’oro e abisso di smarrimento, mare generativo e allo stesso tempo cimitero della speranza.
Con gesto colto e visione sapienziale, Cristiano denuncia la crisi dell’Occidente come stadio terminale di un processo antico: l’aver anteposto la tecnica al senso, la potenza al limite, la produzione al silenzio. In questo mondo in cui si è dimenticato di morire, l’arte diventa una forma di testimonianza. Il Mediterraneo, simbolo della vita che fluisce e ritorna, è qui rappresentato come l’ultimo spazio sacro in cui interrogare le rovine e, forse, intuire una rigenerazione. Scrive Idilia Rossi che “l’artista illustra una parabola storica che, partendo dalla classicità, arriva a descrivere la nostra epoca come fase conclusiva di un ciclo”. È un tramonto senza nostalgia quello che Cristiano dipinge, un crepuscolo consapevole, attraversato dalla percezione della fine come verità negata, come malattia mortale di un’umanità che rifiuta ogni metafisica, intenta solo a rattoppare la nave che affonda.
Formatosi tra il Liceo Artistico e la Facoltà di Architettura, con studi internazionali che ne hanno ampliato l’orizzonte, Bartolomeo Cristiano ha sempre vissuto la pittura come una necessità dell’anima. Sin da giovanissimo, la sua opera si è nutrita di una riflessione profonda sul destino dell’uomo e sul senso ultimo della civiltà. In questo nuovo ciclo, egli continua a cercare – nelle stratificazioni cromatiche, nelle ombre e nelle figure che affiorano – una forma pittorica capace di rispondere alla crisi non con soluzioni, ma con visioni. Perché solo chi guarda in faccia il tramonto può forse, un giorno, concepire una nuova alba.
